Sono i tribunali fatti per i cittadini o i cittadini per i tribunali? Ovvero: quando il giudice perde la tramontana. Osservazioni a margine del c.d. abuso del processo principio per frazionamento della domanda.
Abstract
Si tratta (solo!) di una storia. Nota, noiosa e senza lieto fine. I personaggi sono i soliti noti: il debitore cronico e impenitente, di regola una PA; un creditore cavilloso e indispettito, di regola un lavoratore; un serial lawyer; un giudice salvatore della Patria, (o della sua idea di Patria). Il caso pure: un lavoratore e il suo avvocato iniziano due o pisuccessivi processi, ciascuno per il pagamento di picrediti effettivi maturati uno successivamente all'altro ma tutti esigibili e quindi deducibili in giudizio con il primo dei quei processi. Il giudizio tecnico scontato: la parte abusa del suo diritto alla tutela giurisdizionale, il suo avvocato viola una buona quantitdi norme del codice deontologico. L'esito (oramai) prevedibile: le domande sono inammissibili, il creditore perde il suo credito e paga pure le spese di lite alla controparte; il debitore la fa franca (giusto perchimpenitente, ma tu vedi!) e a volte fa la cresta sulle spese legali. Ma allora se tutto chiaro noto perchstare ancora a discuterne? Forse perch/span> la soluzione escogitata dalla giurisprudenza pratica che, prima facie, pare conseguente a cotanto sprezzo della sacra liturgia in cui si accerta chi ha ragione e chi torto, ci pare sproporzionata e destituita di fondamento. Soprattutto pare incongrua allo scopo, inefficiente e socialmente pericolosa.
La nota di Nicoletta Frasca (pubblicata nella sezione note e commenti del n. 1) dampio conto della costruzione della raffinata teorica e delle basi (apparentemente solide) su cui la nostra Suprema Magistratura, depositaria del diritto oggettivo nazionale, adagia il dogma dell'inammissibilitdi tutte le domande frazionate (e non solo di quelle successive alla prima com'invece stato fatto nel caso deciso dal Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere).
La pulsione sanzionatoria dell'indirizzo (che freudiano sintomo del fastidio che certi giudici provano verso gli attanti del processo, salvo che per loro stessi), ha fatto perdere di vista la situazione sostanziale: ciche il processo deve sempre e non pu mai e poi mai non tutelare. La posta non la tutela dei diritti individuali, nla presunta violazione degli artt. 24 e 111 della Costituzione, come pura la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua a Vetere mostra di considerare (e di escludere). Qui la posta molto pialta. il principio di diritto che chi ha torto non deve poterla fare franca con l'aiuto dello Stato. E il processo, forse i giudici se ne sono dimenticati, lo Stato. Il debitore non paga e la fa franca. Il creditore voleva lucrare pidel dovuto e viene sanzionato anche con la (provvisoria o definitiva) perdita del diritto. Non c'correlazione. L'abuso il pidel dovuto. Lo strumento dell'abuso il processo. Va punito l'abuso non l'esercizio del diritto, perchchi debitore specie se cronico e incallito come la PA non puessere liberato dal suo obbligo. Anche il debitore un abusatore del processo sub specie della sua cronica lentezza (e se qualcuno pensa di essere spuro da poter dire che a esserne responsabili siano solo codesti serial lawyer scagli pure per primo la pietra). Vale una regola lapalissiana: se il debitore avesse adempiuto la sua obbligazione nessun processo sarebbe iniziato. Val cisolo ad escludere sul piano della logica elementare che deve (e non solo dovrebbe) presidiare ogni ermeneutica giuridica (dalla pisemplice alla pifunambolica e creativa) che la sanzione, quale che sia, possa colpire la prima (isolata o non) delle successive cause frazionate. Quanto alle successive val ancora la pena di svolgere qualche altra considerazione. A ben leggere la ricostruzione del giusto processo eretta a fondamento della sanzione dell'inammissibilit(di tutte le domande frazionate (non solo delle successive come erroneamente si ricava dalla sentenza pubblicata) non punon scorgersi come da essa derivi solo la qualificazione contra spiritum legis processum della condotta abusiva e non vi consegua, invece, la gipredicata conseguenza dell'inammissibilit essa invece priva per menomo appiglio positivo. Il raffinato costrutto e sul piano formale l'erudita argomentazione delle SU (23726/2007) somigliano percipiall'Alch/span>mia, come non dovrebbero, invece che, come dovrebbero, alla chimica: perchmanca quel quid, la pietra filosofale, che consenta di trasformare il piombo in oro, ciodi trasformare un'idea pervia, un giusto principio, in una sanzione razionale e conseguente.
Infatti, l'oggetto dell'abuso non la pretesa di avere il saldo del proprio credito, ancorch/span> in piriprese, giacchla cosa al debitore arreca solo benefizio e alcun male e anzi l'art. 1182 c.c. dispone per l'esatto contrario: cioche il creditore possa rifiutare, e non gidebba, un pagamento parziale. Se il creditore ad esigere un pagamento solo parziale non vi saralcuna norma che vieteral debitore di adempiere per l'intero. Coscome il creditore puaccettare l'adempimento parziale allo stesso modo deve poterlo esigere senza perdere il diritto all'adempimento totale. Un modo come dire che la pretesa frazionata della prestazione non puessere considerata abusiva e per semulativamente dannosa per il debitore.
La questione di logica ed la ben evidente distinzione tra frazionamento del diritto e frazionamento dell'azione per conseguire il primo che deve guidare il discernimento. L'abuso sta nel frazionamento dell'azione e non anche del diritto. Sostenere il contrario varrebbe dire che dovrebbe essere dichiarata inammissibile anche la prima e unica domanda di un credito frazionato, anche quando altre (potenziali) domande per il residuo credito non siano seguite alla prima. Il che da un lato certo supererebbe perfino l'immaginazione di Pirandello e da un altro lato si porrebbe in contrasto con l'art. 1181 c.c.
Se dunque non v'fondamento positivo all'affermazione che non possa che esigersi una sola parte del proprio credito, non puesservi sanzione per un comportamento lecito. La sanzione non puche attingere al solo frazionamento abusivo (che quello della domanda) senza impingere (neppure indirettamente ndi riflesso) nel frazionamento del credito che abusivo per lo jus conditum non mai.
Non distinguere questi due piani val confondere il giudizio assoluto (della norma) da quello soggettivo (del giudice che cosfinisce per farsi la norma da s.
Sono i piani e i ruoli che Kant, nella Critica della facoltdi giudizio, assegna alla rispettivamente alla sensibilitestetica e a quella empirica contrapponendole. Il giudizio sulla prima un giudizio che tende necessariamente all'universale: ed quello assicurato dal principio di diritto che non vuole che si ottenga con n processi ciche si puottenere con n -1 processi, un postulato che nessuno in grado di dimostrare ma ognuno deve condividere in quanto espresso dalla norma; il giudizio sul secondo un giudizio empirico, ed naturalmente soggettivo; un postulato del giudicante che nessuno puottenere il proprio diritto in piparti; postulato dal giudice (non dalla norma, arg, ex art,. 1181 c.c.) e che nessuno pucontestare perchil Giudice l'unico arbitro dei suoi gusti, ciodel diritto intero anziccha parti.
Ora, gli che nel nostro sistema non dato al giudice di ricorrere al giudizio riflettente, nper individuare la sanzione nper risolvere il caso, perchcisignificherebbe avere una normalit(un solo processo per un diritto) senza norma (se piprocessi per un diritto, nessun diritto).
D'altro canto non giova alla teorica dell'inammissibilitneppure la valutazione di efficienza di sistema che quella rigorosa sanzione pure intende tutelare. Il postulato di tale approccio economico che a causa del frazionamento (abusivo) della domanda si intasa la giustizia e cosla si rallenta. Con la sanzione dell'inammissibilitl'over ruling delle Sezioni Unite mira a perseguire il duplice scopo di ridurre il numero di processi e di traferire sull'autore del misfatto le conseguenze sfavorevoli di tale abuso. Il che tuttavia non accade affatto.
Dal primo punto di vista la sanzione dell'inammissibilit salvi gli effetti della prescrizione o di eventuali decadenze sostanziali non estingue il diritto. Sicchchiusi tutti i processi frazionati, anche con la eventuale condanna alle spese del creditore fedifrago, il creditore potrben agire con un altro unico processo per far valere in un unico giudizio salvi gli effetti dell'eventuale compensazione con la condanna alle spese il suo credito. Di tutta evidenza, la inammissibilit rispetto alla riunione dei giudizi, provoca un giudizio ulteriore. Non diversa sorte si avrebbe dichiarando inammissibili i giudizi successivi al primo. Anche in questo caso il credito non estinto e ben potrebbe essere opposto in compensazione al credito per spese giudiziali a cui sia stato condannato il creditore. Cisposterebbe la cognizione sul credito al giudizio di opposizione all'esecuzione. Giudizio in pie inutile rispetto a quello dichiarato inammissibile. Npotrebbe dirsi che l'eccezione di compensazione sarebbe inammissibile essa stessa. Sia percheccezione sia perchpotrebbe il creditore agire per il credito portato dal titolo esecutivo costringendo il debitore a opporre con l'opposizione la compensazione con le spese di lite. Anche in tal caso l'accertamento dell'estinzione per compensazione non potrebbe prescindere dalla contro-eccezione del creditore e anche questa volta si avrebbe un giudizio inutile e ulteriore.
D'altro canto la sanzione dell'inammissibilitcontro l'uso eccessivo del processo rimedia al danno subito dalla (controparte e della) collettivitarreca a causa del vantaggio ricavato dal singolo che moltiplica i giudizi.
L'abuso creerebbe, detto in altri termini, un'esternalitnegativa. La sanzione dell'inammissibilitdovrebbe perciinternalizzare tale esternalit secondo la regola cuius commoda eius incommda. Significherebbe fare sopportare al singolo il costo di internalizzazione. In realtl'inammissibilitnon solo non risolve questo problema ma come abbiamo prima visto, aumentando di almeno un giudizio il numero complessivo dei processi esso stesso causa (e ben pigrande) dell'esternalitnegativa che dovrebbe combattere.
Quale sanzione allora de jure condito et de jure condendo per l'abuso del processo? Poichnon vi il vuoto normativo, il ricorso all'analogia juris per individuarla, questa l'operazione ermeneutica posta implicitamente alla base del procedimento adottato dalle SU per giungere alla sanzione dell'inammissibilit ci appare, vieppiabusiva. Infatti, il codice di rito civile contiene gii rimedi (anche) contro tali abusi: essi si trovano nel comb. disp. degli artt. 92 comma 1 e 88 comma 1 e anche nell'art. 96 comma 1 (come si vedrinfra), in ogni caso in connessione con gli artt. 40, 273, 274, 281 novies e soprattutto nel sempre troppo negletto art. 151 comma 1 disp. att. c.p.c..
E invero l'art. 92 comma 1 stabilisce che il giudice pu da un lato, escludere la ripetizione delle spese sostenute dalla parte vincitrice se le ritiene superflue: tali sono le spese un n esimo processo la cui domanda, potendo ben essere ricompresa nel primo, del tutto superflua; cisolo vanificherebbe il presunto interesse lucrativo dei serial lawyer alla moltiplicazione dei giudizi; da un altro lato, il giudice pu indipendentemente dalla soccombenza (che appunto qui riguarda il merito della questione, ciola parte di debito non onorato, pu/span> condannare una parte al rimborso delle spese, anche non ripetibili, che, per trasgressione al dovere di cui allarticolo 88, essa ha causato allaltra parte. Ora, tale ultima disposizione impone infatti alle parti e i loro difensori di comportarsi in giudizio con lealte probit Sicchse, come abbiamo detto, non revocabile indubbio che l'ingiustificata moltiplicazione delle azioni costituisca un uso distorto del diritto di azione, cioun abuso, non revocabile in dubbio che l'intera condotta processuale, sin dall'inizio del processo, non possa essere considerata nleale nproba, perchutilizza a suo vantaggio e a immotivato svantaggio della controparte uno strumento non proporzionato allo scopo. Pertanto in forza di tali disposizioni la parte sleale ben potrebbe essere condannata a rifondere alla parte soccombete nel merito le spese che stata costretta ad affrontare per la difesa e che originano, non dalla posizione di debenza (ch/span> cisi verifica solo nel primo giudizio), ma dalla moltiplicazione dei processi. Ora, cinon solo pareggia i conti in ordine alle conseguenze della moltiplicazione delle domande, senza intaccare la situazione sostanziale sottostante, perchil convenuto era, e rimane (fino ad adempimento) debitore dell'obbligazione azionata, ma determina anche una parziale soccombenza dell'attore in ordine al regime delle spese e in ordine alla condotta processuale.
Tale costrutto restituisce al diritto e al processo la sua funzione democratica. Le loro funzioni non sono nquella di educare i cittadini (tipica di tutti i totalitarismi) nquella di perpetuare l'immagine che sstessa si data da s tipica dei sistemi feudali. Essa deve essere quella di rendere giustizia ai cittadini secondo il loro ragione e il loro torto. E allora non par dubbio che 'l debitore abbia torto a non avere pagato e non possa farla franca, non par dubbio che il creditore sleale abbia torto a moltiplicare i processi e non possa franca.
Se cinon dovesse sembrare sufficientemente dissuasivo, per i casi pigravi per dir cos soccorre l'art. 96 comma 1 per il quale il giudice, su istanza di parte, pu/span> condannare, il soccombente, che abbia agito in giudizio con mala fede o colpa grave, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni. E l'attore abusivamente moltiplicante i giudizi attore in male fede. duplicemente soccombente nella regolazione delle spese di lite: le sue che non gli vengono rifuse perchsuperflue e quelle della controparte perchdanni da condotta sleale. E poichattore soccombente puanche essere condannato, ch/span> in male fede e colpa grave, ex art. 96 c.p.c. Alla soccombenza dell'attore consegue anche la sua responsabilitper l'imposta di registro, laddove applicabile (e laddove non applicabile solo una questione di politica del diritto rimessa la legislatore). E cicostituisce ancora sanzione appropriata rispetto al vulnus arrecato al sistema di giustizia per un misuso del processo. De jure condendo si potrebbe prevedere, in connessione con la condanna ex art. 96 c.p.c., una sanzione commisurata al contributo unificato analogamente con quanto accede con le misure cautelari e le impugnazioni.
Ora, in conclusione, parrchiaro che sanzionare l'abuso del processo con l'inammissibilitdella domanda frazionata equivale a fare come Sansone, che demoll'intero tempio per non darla vinta ai filistei, mentre separare il profilo del frazionamento lecito del credito da quello del frazionamento abusivo della domanda equivale a fare come il saggio Salomone che distribu/span> il torto e la ragione secondo il discernimento della norma. E non forse questo il solo e unico compito del giudice? Senza che esso decisamente andando ultra vires debba trasformarsi in Educatore di Stato nle sue sentenze in sanzione per molestie al manovratore! [cmc]